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Cronache da Deisha – 2

Campo profughi di Deisha, Betlemme, Cisgiordania, Palestina 24/03-12/04 2019
morti: 1
arresti: 2

E’ praticamente impossibile separare ciò che accade all’interno del campo profughi di Deisha, dal resto degli eventi che si susseguono nel resto della Cisgiordania. Le violenze, gli arresti, i soprusi, le demolizioni, sono tutte azioni singole facenti parte di un più grande piano politico: la creazione definitiva di un unico stato d’Israele solo per ebrei.
Così è comprensibile analizzare e capire i fatti di cui tutti i palestinesi e tutte le palestinesi sono protagonisti loro malgrado, nel silenzio assordante dei media internazionale.

La notte fra il 24 e il 25 marzo le forze speciali di assalto israeliane sono entrate nelle celle del carcere del Negev, attaccando i prigionieri. Sono stati molti i feriti, uno di questi in particolar modo, proveniente dal campo profughi di Deisha, a causa delle percosse subite, ha riportato gravi conseguenze.
La notte fra il 26 e il 27 marzo i soldati dell’esercito israeliano entrano due volte nel campo di Deisha: la prima alle due di notte, e arrestano un ragazzo, la seconda alle 6 mattino, lasciando dietro si sè alcuni feriti e un martire, Sajed, di soli 17 anni, presente al momento degli scontri in qualità di soccorritore. Stava infatti aiutando un ragazzo ferito fra le vie del campo, quando un soldato, nonostante la sua pettorina da paramedico, gli ha sparato all’ addome un proiettile “domdom”. I proiettili domdom sarebbero vietati dalla convenzione internazionale, in quanto una volta entrati a contatto con il corpo esplodono in migliaia di pezzi. Per Sajed non c’è stato nulla da fare: i suoi organi interni erano irrimediabilmente danneggiati e una volta arrivato in ospedale è morto.
Il 2 aprile muore Mohammad in seguito a degli scontri con l’esercito israeliano, nel campo profughi di Qalandiya, alle porte di Ramallah.
Mercoledi 3 aprile, al mattino, dei coloni attaccano dei ragazzi palestinesi al check point di Huwwara, a Nablus (nord della Cisgiordania) ferendone uno e uccidendone un altro di soli 23 anni, padre di una bambina molto piccola.
Venerdi 5 aprile a Hebron (Al Khalil in arabo) si verificano forti scontri fra palestinesi ed esercito israeliano, mentre contemporaneamente ad At Tuwani (a sud di Hebron) i coloni feriscono gravemente un ragazzo palestinese (qui infatti la vicinanza fra il paese palestinese e la colonia israeliana è davvero ravvicinata ed è sempre stato luogo di forti tensioni).
Il 7 aprile, la polizia dell’ Autorità Palestinese arresta in pieno giorno il rappresentante di Hamas degli studenti presso l’università di Nablus.
Ed è la stessa giornata in cui viene dichiarato il secondo sciopero della dignità da parte dei prigionieri politici di tutti partiti Palestinesi: infatti il precedente tentativo di dialogo con la IPS ( Israel Prison Service) per richiedere un miglioramento delle condizioni all’ interno delle carceri, era caduto nel vuoto.
Lo sciopero è iniziato con alcuni singoli, e prevedeva un aumento giornaliero (mercoledi 10 aprile sono stati 300 i prigionieri ad unirsi allo sciopero), con la previsione di arrivare a 1400 scioperanti per i primi di maggio. Le richieste prevedevano la disattivazione nelle celle dei disturbatori acustici ad onde sonore attivi 24h su 24; l’aumento della possibilità di visite da parte dei famigliari, soprattutto per i prigionieri provenienti da Gaza a cui erano completamente negate; l’installazione di telefoni pubblici nelle celle per poter contattare le famiglie (cosa già attiva per i prigionieri israeliani); l’aumento di assistenza sanitaria.
Venerdì 12 aprile, verso le 21 (ora locale) durante il presidio permanente nel centro di Deisha di solidarietà per i prigionieri, alcuni soldati in borghese hanno sequestrato un ragazzo del campo, Jihad di 27 anni. Lo cercavano da parecchio tempo, non trovandolo l’ultima volta avevano arrestato il fratello. Lo hanno caricato in macchina dopo averlo pedinato. Non si sono avute più notizie di Jihad, molto probabilmente è stato portato in uno dei centri dell’ Intelligence Israeliana, Gush Etzion o il check point 300.
Invece lunedì 15 aprile è arrivata la notizia della fine (parziale) dello sciopero della fame: l’ IPS ha accettato le richieste dei prigionieri; ma un altro sciopero, anche se minore come partecipazione, continua ad andare avanti con l’ obiettivo di abolire la detenzione amministrativa ( misura cautelare con cui i palestinesi vengono arrestati senza accuse, senza prove e senza processo, rimanendo in carcere per un minimo di 6 mesi).

Nonostante questo continuo susseguirsi di violenza strategica, con il fine di perpetrare il tentativo di pulizia etnica da parte di Israele, la comunità di Deisha si dimostra ancora una volta coesa e presente: sono a migliaia le persone che partecipano al corteo funebre di Sajed, scortando il corpo fino al cimitero dei martiri. Sono centinaia le persone che tutte le sere si ritrovano alla tenda per sentire vicini i prigionieri e far arrivare loro solidarietà e sostegno nella dura prova dello sciopero della fame.La resilienza contro l’occupante passa dalla comunità, nonostante sia messa ogni giorno a dura prova. La resistenza passa dalla forza della comunità, di rimanere e cercare comunque di creare un futuro possibile, prima di tutto, ogni giorno.

Palestina libera!

festival yalla yalla, una sorta di carnevale lungo le strade di betlemme

 

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