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Tag: #freepalestine

Cronache da Deisha – 3

campo profughi di Deisha, Betlemme, Cisgiordania, Palestina
15 -22 maggio
arresti:3
feriti:2

Il 15 maggio 2019 cade la ricorrenza della Nakba, parola araba che significa Catastrofe. Catastrofe perchè il 14 maggio 1948 viene proclamato ufficialmente lo stato di Israele. Così ha inizio la diaspora e la dislocazione di quasi 800,000 palestinesi, cacciati dalle loro città e terre di origine, e trasferiti in campi profughi disseminati in Cisgiordania e all’ estero (Libano, Giordania,Siria). Per questo motivo ogni anno, a maggio, vengono organizzati una serie di eventi per ricordare la tragicità di questo momento storico, per fare in modo che la memoria non venga cancellata, per ribadire con forza il diritto al ritorno di ciascun rifugiato palestinese. Quest anno, l’intero campo di Deisha e le sue organizzazioni si sono mobilitate per organizzare veri eventi per quasi l’intera durata del mese, come ad esempio la commemorazione con l’accensione della fiaccola del ritorno, la competizione a quiz fra tutti a campi profughi a tema Nakba, presentazioni di libri. Questi eventi diventano importanti non solo per tramandare alle generazioni più giovani la storia e il patrimonio culturale palestinese, ma anche per stringere ancora più profondamente il legame di coesione della comunità: è solo facendo fronte comune che si può resistere all’occupazione.
Tutto questo accade in un periodo particolare dell’anno per il mondo arabo: il Ramadan. Dal sorgere del sole fino al suo tramonto per i musulmani è completamente proibito mangiare, bere e fumare. Sono parecchie le regole da osservare durante il ramadan. Ad esempio se si rompe il digiuno si è costretti a pagare 9 shekel, che andranno destinati ai più poveri. Inoltre ogni famiglia paga o offre pasti per le famiglie meno abbienti, perché questo è il senso più profondo del ramadan, la condivisione. Condivisione che diventa palpabile al momento dell’ Iftar ( la rottura del digiuno, alle 19.30) dopo la preghiera ad Allah, quando intere famiglie ed amici si ritrovano tutti insieme per mangiare. E’ il momento saliente della creazione di comunità. E viene preparato ogni tipo di cibo tipico, dalla makluba alla mujaddara, dall’ouzi al maftul. Ed è assolutamente impossibile rifiutare un invito a cena, perché il ritrovarsi tutti insieme attorno ad una tavola è la cosa più importante.

Da tempo i soldati non facevano irruzione nel campo, forse per “rispettare” il momento religioso e di festa per gli abitanti di Deisha. Ma questa mattina all’ alba la quiete è stata interrotta. Diversi soldati e camionette sono entrati nel campo, arrestando 3 ragazzi e ferendone altri due. I ragazzi arrestati sono Shadi abu Hadrous, Muhammad abu Hadrous e Wissam Al.shawodke, i primi due rispettivamente fratelli, e cugini per il terzo. Tutti di età compresa fra i 19 e i 23 anni. I soldati per arrestare questi ragazzi non hanno nemmeno bisogno di accuse: arrivano di notte o mattina presto e li portano via. Le famiglie si chiedono quando potranno rivederli di nuovo, e dove siano, perché ovviamente nemmeno questo meritano di sapere.
La vita però continua a Deisha, nonostante i 38 gradi e il digiuno, ancora una volta sta sera l’intera comunità si ritroverà per ricordare la Nakba, pensando anche ai nuovi prigionieri.

Cronache da Deisha – 2

Campo profughi di Deisha, Betlemme, Cisgiordania, Palestina 24/03-12/04 2019
morti: 1
arresti: 2

E’ praticamente impossibile separare ciò che accade all’interno del campo profughi di Deisha, dal resto degli eventi che si susseguono nel resto della Cisgiordania. Le violenze, gli arresti, i soprusi, le demolizioni, sono tutte azioni singole facenti parte di un più grande piano politico: la creazione definitiva di un unico stato d’Israele solo per ebrei.
Così è comprensibile analizzare e capire i fatti di cui tutti i palestinesi e tutte le palestinesi sono protagonisti loro malgrado, nel silenzio assordante dei media internazionale.

La notte fra il 24 e il 25 marzo le forze speciali di assalto israeliane sono entrate nelle celle del carcere del Negev, attaccando i prigionieri. Sono stati molti i feriti, uno di questi in particolar modo, proveniente dal campo profughi di Deisha, a causa delle percosse subite, ha riportato gravi conseguenze.
La notte fra il 26 e il 27 marzo i soldati dell’esercito israeliano entrano due volte nel campo di Deisha: la prima alle due di notte, e arrestano un ragazzo, la seconda alle 6 mattino, lasciando dietro si sè alcuni feriti e un martire, Sajed, di soli 17 anni, presente al momento degli scontri in qualità di soccorritore. Stava infatti aiutando un ragazzo ferito fra le vie del campo, quando un soldato, nonostante la sua pettorina da paramedico, gli ha sparato all’ addome un proiettile “domdom”. I proiettili domdom sarebbero vietati dalla convenzione internazionale, in quanto una volta entrati a contatto con il corpo esplodono in migliaia di pezzi. Per Sajed non c’è stato nulla da fare: i suoi organi interni erano irrimediabilmente danneggiati e una volta arrivato in ospedale è morto.
Il 2 aprile muore Mohammad in seguito a degli scontri con l’esercito israeliano, nel campo profughi di Qalandiya, alle porte di Ramallah.
Mercoledi 3 aprile, al mattino, dei coloni attaccano dei ragazzi palestinesi al check point di Huwwara, a Nablus (nord della Cisgiordania) ferendone uno e uccidendone un altro di soli 23 anni, padre di una bambina molto piccola.
Venerdi 5 aprile a Hebron (Al Khalil in arabo) si verificano forti scontri fra palestinesi ed esercito israeliano, mentre contemporaneamente ad At Tuwani (a sud di Hebron) i coloni feriscono gravemente un ragazzo palestinese (qui infatti la vicinanza fra il paese palestinese e la colonia israeliana è davvero ravvicinata ed è sempre stato luogo di forti tensioni).
Il 7 aprile, la polizia dell’ Autorità Palestinese arresta in pieno giorno il rappresentante di Hamas degli studenti presso l’università di Nablus.
Ed è la stessa giornata in cui viene dichiarato il secondo sciopero della dignità da parte dei prigionieri politici di tutti partiti Palestinesi: infatti il precedente tentativo di dialogo con la IPS ( Israel Prison Service) per richiedere un miglioramento delle condizioni all’ interno delle carceri, era caduto nel vuoto.
Lo sciopero è iniziato con alcuni singoli, e prevedeva un aumento giornaliero (mercoledi 10 aprile sono stati 300 i prigionieri ad unirsi allo sciopero), con la previsione di arrivare a 1400 scioperanti per i primi di maggio. Le richieste prevedevano la disattivazione nelle celle dei disturbatori acustici ad onde sonore attivi 24h su 24; l’aumento della possibilità di visite da parte dei famigliari, soprattutto per i prigionieri provenienti da Gaza a cui erano completamente negate; l’installazione di telefoni pubblici nelle celle per poter contattare le famiglie (cosa già attiva per i prigionieri israeliani); l’aumento di assistenza sanitaria.
Venerdì 12 aprile, verso le 21 (ora locale) durante il presidio permanente nel centro di Deisha di solidarietà per i prigionieri, alcuni soldati in borghese hanno sequestrato un ragazzo del campo, Jihad di 27 anni. Lo cercavano da parecchio tempo, non trovandolo l’ultima volta avevano arrestato il fratello. Lo hanno caricato in macchina dopo averlo pedinato. Non si sono avute più notizie di Jihad, molto probabilmente è stato portato in uno dei centri dell’ Intelligence Israeliana, Gush Etzion o il check point 300.
Invece lunedì 15 aprile è arrivata la notizia della fine (parziale) dello sciopero della fame: l’ IPS ha accettato le richieste dei prigionieri; ma un altro sciopero, anche se minore come partecipazione, continua ad andare avanti con l’ obiettivo di abolire la detenzione amministrativa ( misura cautelare con cui i palestinesi vengono arrestati senza accuse, senza prove e senza processo, rimanendo in carcere per un minimo di 6 mesi).

Nonostante questo continuo susseguirsi di violenza strategica, con il fine di perpetrare il tentativo di pulizia etnica da parte di Israele, la comunità di Deisha si dimostra ancora una volta coesa e presente: sono a migliaia le persone che partecipano al corteo funebre di Sajed, scortando il corpo fino al cimitero dei martiri. Sono centinaia le persone che tutte le sere si ritrovano alla tenda per sentire vicini i prigionieri e far arrivare loro solidarietà e sostegno nella dura prova dello sciopero della fame.La resilienza contro l’occupante passa dalla comunità, nonostante sia messa ogni giorno a dura prova. La resistenza passa dalla forza della comunità, di rimanere e cercare comunque di creare un futuro possibile, prima di tutto, ogni giorno.

Palestina libera!

festival yalla yalla, una sorta di carnevale lungo le strade di betlemme

 

Cronache da Deisha – 1

campo profughi di Deisha, Betlemme, Cisgiordania, Palestina
6 marzo- 20 marzo
totale incursione nel campo da parte dei soldati israeliani: 3
totale di persone arrestate:3
totale di prigionieri rilasciati: 2
totale delle persone uccise:4

Questa è Deisha, uno dei tanti esempi di quello che accade in Palestina.
Il campo profughi è stato creato dopo il 1948, anno della Nakba (“catastrofe”), per “ospitare”, in teoria provvisoriamente, tutte le persone cacciate dalle proprie terre e dalle proprie case che ad oggi vanno a comporre lo stato di Israele. Dal 1948 gli abitanti di questo campo si sono arrangiati rendendolo un vero e proprio quartiere, costruendo casa su casa, vivendo tutti insieme, 17,000 persone in 1,5 km quadrati.
E’ consuetudine che i soldati israeliani entrino, la notte, nel campo per arrestare palestinesi, solitamente giovani e maschi. L’ accusa quasi sempre la stessa: essere considerati elementi pericolosi per la sicurezza di Israele. La maggior parte delle volte non esistono prove a sostegno di questi atti, è sufficiente essere parte attiva della comunità, poiché per la legge israeliana è applicabile la DETENZIONE AMMINISTRATIVA: per motivi di sicurezza, senza prove e senza processo, si viene arrestati e chiusi in prigione per un minimo di sei mesi.
Gli obiettivi sono spesso giovani ragazzi per un motivo tanto semplice quanto disarmante: spezzare la speranza e la voglia di resistenza fin dal principio. Si tratta di una strategia psicologica, per indurre più persone possibile ad accettare passivamente l’occupazione, o ancora meglio, per convincerle a scappare alla ricerca di un luogo migliore dove costruire il proprio futuro.
Il motto del sionismo recita ” una terra senza persone per persone senza terra”. Peccato che i palestinesi qui ci vivano, è Israele che attua più politiche possibili per conquistare definitivamente tutta la Palestina.
Ad esempio, da martedì 19 marzo a sabato 23 viene imposto un blocco totale della West Bank. Vale a dire che a tutti i palestinesi con permesso di lavoro in Israele è vietata l’uscita, non possono recarsi a lavoro, e il numero dei check point disseminati in Cisgiordania viene aumentato, quindi maggiori controlli. Questo sempre per motivi di sicurezza: la scorsa settimana, un ragazzo palestinese di appena 19 anni, (nella zona nord della West Bank,nel distretto di Salfit) ha assaltato un soldato israeliano, armato solo di coltello, disarmandolo e uccidendolo, e sparando in seguito anche ad un colono. Dopo giorni di pedinamenti e ricerche il ragazzo è stato trovato e ucciso, insieme a lui altri due adolescenti.
Per ragioni di sicurezza diventa legale sparare ad una macchina palestinese all’ ingresso sud di Betlemme, proprio poco prima di Deisha, e mentre un giovane accorre per prestare soccorso alle persone dentro la macchina attaccata, sparare anche a lui, uccidendolo, e mandandone in ospedale altri due in condizioni critiche.

Nonostante tutto questo i palestinesi continuano ad essere un popolo con
un fortissimo senso della comunità, e quando i media internazionali li
descrivono come “terroristi suicidi” non potrebbero riportare una realtà
più falsa.
Al contrario i palestinesi hanno sete di vita, mettono in conto di dover
pagare un prezzo alto per condurre esistenze degne; per questo con tutti
gli strumenti possibili e in modo sempre estremamente spontaneo cercano
di resistere all’ occupazione israeliana.
Prima di tutto attraverso la famiglia, gli amici e quindi con tutto il
resto della comunità.
Giovedi 21 marzo Deisha intera si è bloccata dichiarando uno sciopero
sia per onorare il martire ucciso la sera precedente, che come segno di
protesta.
Il funerale è stato celebrato di fronte all’ospedale ed oltre alla
famiglia del ragazzo era presente l’intera comunità del suo villaggio
cosi come tantissime persone di Deisha.
Un’altro segno evidente della grande coesione della comunità palestinese
sono i cortei spontanei in onore dei prigionieri rilasciati.
Vengono organizzati dei veri e propri caroselli di macchine in giro per
la città, partecipati anche da persone che magari non conoscono
direttamente il protagonista. Vengono sventolate bandiere, musica
popolare lanciata a tutto volume dagli stereo, e bambini sorridenti che
si sporgono dai finestrini, donne che dalle finestre, al passaggio
dell’eroe appena liberato, lanciano dolci e caramelle.

La resistenza passa attraverso la creazione di rete fra le varie
organizzazioni e associazioni palestinesi: venerdì 22 marzo si è svolta
una “maratona” che ha coinvolto tutta Betlemme, nelle diverse stazioni
sparse in giro per la città era possibile praticare le discipline più
diverse,dallo skate all’ arrampicata, fino all’arte figurativa della
pittura.

Perché più importante di rispondere alla violenza dell’occupazione con
la forza della Resistenza, in Palestina si insegna ai bambini la forza
dell’azione collettiva.

Questa è Deisha. Questa è la Palestina occupata.

venerdì di rabbia a Betlemme