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IL MERCATO DEI SEMI E LA PERDITA DI BIODIVERSITÁ

Pochi mesi fa, due delle multinazionali più grandi al mondo si sono unite (si tratta in realtà di un’acquisizione da diverse decine di miliardi di dollari: http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2018-06-04/bayer-cancellato-marchio-monsanto-fusione-66-miliardi-dollari-090746.shtml?uuid=AEMmPrzE), creando così il più grande gruppo mondiale nel campo delle sementi e dei fertilizzanti agricoli.
Sono due aziende tristemente note, la Monsanto [questa è solo uno degli ultimi danni provocati dalla multinazionale canadese: https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/08/13/monsanto-ha-ascoltato-solo-la-scienza-inquinata-che-sul-glifosato-rassicurava/4556832/ ] e la tedesca Bayer (azienda farmaceutica che inizia la sua ascesa verso il successo con lo zyklon B, l’insetticida usato nei lager nazisti).

Dopo questa fusione, l’intero mercato dei semi mondiale rimane in mano a 4 (QUATTRO) multinazionali: DowDupont (nata dalla fusione delle due imprese nel 2017: http://www.dupont.it/corporate-functions/media/comunicati-stampa/completata-con-successo-la-fusione-dowdupont.html), Chemchina e Syngenta (che presto diverrano una sola: http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2017-04-05/ok-commissione-ue-fusione-chemchina-e-syngenta–125952.shtml?uuid=AEzLztz) e infine, appunto, Monsanto-Bayer.

Cosa significa che il mercato dei semi è in mano a 4 enormi aziende?

Bisogna sapere che l’European Patent Office concede a queste imprese la possibilità di brevettare le proprie semenze [https://www.no-patents-on-seeds.org/index.php/en/background/problem]. Ebbene sì, i semi (ma anche le piante e gli animali!) possono oggi essere brevettati: piante ed animali sono diventati “invenzioni” umane! I brevetti comportano una riduzione della competizione sul mercato a favore delle grandi multinazionali (che possiedono i diritti di proprietà intellettuale), e arrecano danni all’agricoltura locale, ai piccoli allevatori ed agricoltori.
Ma non si tratta solo di un problema monetario, c’è qualcosa di molto più grave: la perdita di biodiversità. Il fatto che il mercato dei semi sia nelle mani di pochissime grandi aziende, permette a queste di scegliere cosa vendere sul mercato. Questo vuol dire che ci saranno sempre meno tipologie di semi disponibili, le specie vegetali (e quindi animali) autoctone tenderanno a sparire, sostituite dalle semenze OGM (e non) vendute sul mercato. E’ un processo già in atto.

Ma, ancora, non è abbastanza: come avrete notato, le multinazionali citate non si occupano solo di semi, ma anche di produzione di fertilizzanti, diserbanti, prodotti chimici per l’agricoltura. Insomma, non solo sul mercato sono disponibili solamente i loro semi, ma bisognerà anche comprare i loro pesticidi: la tendenza della grande industria chimico-agricola, infatti, è quella di creare una sorta di “simbiosi” tra semenza ed agente chimico. Per far crescere quei semi, per rendere più fertile il terreno, bisogna comprare obbligatoriamente le sostanze chimiche presenti sul mercato. Con tutte le conseguenze sull’impoverimento dei suoli, l’eutrofizzazione delle acque, l’avvelenamento delle falde acquifere derivanti dall’uso di prodotti chimici in agricoltura.

Ma cosa c’è che non funziona in tutto ciò? Una cosa semplice semplice: il nostro sistema economico, basato su una economia capitalista che mette al centro il profitto, e non l’ambiente e la felicità individuale e collettiva. La nostra salvezza può essere la creazione di economie locali, basate sul rispetto dell’ambiente e l’utilizzo delle risorse che esso ci fornisce sul nostro territorio. Le colture locali, adattatesi nel corso dei millenni all’habitat dove sono cresciute, permettono anche di raggiungere una produttività maggiore di quella delle semenze “industriali”, senza la necessità di utilizzare prodotti chimici. La coltivazione di essenze locali, inoltre, genera benefici sull’habitat, sulla biodiversità, sulla riduzione degli sprechi e dell’inquinamento.

http://www.iltascabile.com/scienze/chi-governa-tutti-i-semi-del-mondo/
http://www.slowfood.it/38224-2/
https://altreconomia.it/le-sei-multinazionali-che-controllano-il-63-del-mercato-dei-semi/